giovedì 24 luglio 2025

Il presidente mi ha fregato



Ben al di là dei più rosei erotismi della sponda opposta del Tevere, le sventure – e le «sviste», cit. Fabiani – di casa Lazio nell’ultimo anno e mezzo, da quando cioè Maurizio Sarri si è dimesso da allenatore della prima squadra (eravamo a marzo del 2024) ad un mese da una delle più importanti imprese nella storia del club – battere il Bayern Monaco in casa 1-0 negli ottavi di finale di Champions League –, non si contano sulle dita di una mano.

Dal “caso falconiere” alle delusioni in campo (due settimi posti di fila, quest’anno perdendo il treno europeo dopo 9 stagioni consecutive sotto le stelle), dai tantissimi proclami (sul fronte Stadio, sul “progetto giovani” - ma la Lazio è la rosa più vecchia del campionato dopo l'Inter) alle tristi realtà di fatto (mercato bloccato, comunicati contraddittori o dai toni epici dopo un pareggio, prese in giro all’allenatore, necessità di vendere: in una parola caos totale), non c’è pace per i tifosi della Lazio.

Ma forse, come nella gravità della tempesta si fa strada, tra le nuvole, uno spiraglio di luce, qualcosa in cui sperare ancora c’è. Più che qualcosa qualcuno: Maurizio Sarri, che ieri sera si è (ri)presentato alla stampa come (nuovo) allenatore del club.

La sua figura è decisamente ingombrante nel contesto desolante che lo ha richiamato al lavoro – dove il richiamo, si badi bene, va inteso nel duplice senso attivo e passivo: Sarri è stato richiamato da Lotito, ma ha lui stesso sentito il richiamo dell’ambiente Lazio, come sottolineato a più riprese anche ieri.

«La Lazialità ti invade. I tifosi oggi giustamente si incazzano (per il blocco relativo al mercato, ndr), ti criticano, ma poi alla fine son lì. Questo significa essere laziali. È uno dei motivi per cui sono tornato in questo ambiente», insieme – ha poi aggiunto – all’affetto umano per il presidente, il direttore sportivo, lo staff, lo chef, tutti coloro che abitano (a) Formello – compreso lui, che prima dormiva praticamente accanto ad Olimpia, l’aquila vittima dell’esibizionismo del falconiere Bernabè . . .


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