In una stagione così lunga e particolare, una debacle come quella della Lazio in Danimarca di giovedì scorso segna un punto di svolta. Non necessariamente positivo, ma dopo la vittoria di ieri pomeriggio a Cremona si direbbe addirittura destinale. Guardatela, meglio ammiratela, la prima pagina del Messaggero di ieri. Mica con rabbia, noi quella la lasciamo ai sentimenti nostri, condivisi con chi ci è a fianco allo stadio, con la voce che risuona alla radio o con quella del ricordo di chi non c'è più. Ma con il sorriso. Accogliamola col sorriso questa stampa vicina eppure lontanissima dalle nostre rive (e per fortuna, oserei dire). Sarà più bello, col passare delle giornate, vederli riemergere a galla, uno ad uno, dopo aver sperato in un nostro fallimento. In una nostra crisi (la Lazio al bivio), in una stagione da buttare già a metà settembre.
Come è misera la vita negli abusi della stampa. Come è bello, laziale, nostro, Maurizio Sarri che nella conferenza pre-partita calma gli animi e riporta la sua Lazio alla dimensione primigenia - non quella della reazione di rabbia, non quella del "riscatto, perché se mi devo riscattare vuol dire che ho fatto una cazzata prima. Mi piacerebbe che i giocatori capissero cosa abbiamo fatto e che quindi siano consapevoli". Con un pubblico così (2500 laziali presenti allo Zini) non si poteva fallire. La Lazio non ha fallito, ma ha vinto. Ha vinto bene. 0-4 a Cremona. E il giorno dopo, oggi, sull'edizione nazionale del CDS, neanche una menzione alla consapevolezza biancoceleste. Con l'Atalanta, la Roma si giocava una delle due partite scudetto - paragonabili più o meno come il tartufo al tufo. Che dire, vi lasciamo la classifica che ora c'è la pausa. Magari qualcuno avrà più tempo per riflettere prima di scrivere e filosofeggiare sul germe. Col rischio di diventarci.
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